Sembra arrivare dal Medioevo l' «editto» con cui il garante della privacy del Land tedesco nello Schleswig Holstein mette al bando l' opzione Like , «mi piace», di Facebook. Una delle azioni più amate e più veloci del web - forse l' intuizione più furba del sito di social network riassumibile nel motto un clic e non ci pensi più - «viola le leggi sulla protezione dei dati personali in vigore in Germania e nella Ue. E chi utilizza questa funzione nelle sue pagine si rende altrettanto sanzionabile».
Il garante Thilo Weichert si è attirato così gli strali di imprese e anche colleghi degli uffici pubblici accusati di aver violato la legge aggiungendo il tasto virtuale ai propri siti online. «Se ne serve anche la cancelliera Angela Merkel» si è ribellato un sottosegretario locale. Il web, ça va sans dire , ha subito gridato allo scandalo: è una censura. Il problema è che nella sostanza il garante del Land tedesco ha ragione: chi clicca sul bottone e non ci pensa più dà un assenzo tacito a essere tracciato per un paio di anni dando vita a un piccolo dossier sulle sue preferenze. C' è più o meno tutto nelle postille di quei «contratti» che accettiamo sempre sbrigativamente quando ci iscriviamo a questi servizi gratuiti. Com' è stato documentato da inchieste del Wall Street Journal , tutte queste informazioni si trasformano poi in business per società specializzate negli Usa. Insomma, si paga tutto, ma non in moneta contante. Eppure, allo stesso tempo, la crociata «antifacebookiana» di Weichert ricorda molto da vicino la guerra ai mulini a vento del Don Chisciotte. La privacy per come l' abbiamo considerata nell' era pre Internet è defunta. E nel momento in cui decidiamo di iscriverci a social network e dintorni abdichiamo indirettamente a quei principi. Esserne consapevoli è importante. Ma come ha dimostrato sempre ieri Israele - che ha dato il proprio via libera seppure con delle restrizioni a Google Street - delle regole condivise possono essere trovate senza estremismi. Massimo Sideri twitter @massimosideri RIPRODUZIONE RISERVATA
Sideri Massimo - Corriere della Sera