L’analisi che proponiamo in questa sede parte dai dati forniti dalla societa’ Lundquist (pubblicata su Corriere Economia), relativamente all’impatto dei social sulle aziende italiane. L’analisi ha preso in considerazioni le grandi aziende, le medie e le piccole, in modo da poter fornire una panoramica complessiva circa la sensibilita’ delle imprese rispetto a questo strumento di comunicazione (o di marketing?!?).
Come prevedibile l’Italia, rispetto alle altre grandi nazioni, ancora non ha capito il grande potenziale dei social e tende a snobbare tutto il mondo 2.0. Per le aziende del nostro territorio sembra gia’ un traguardo ragguardevole avere il sito internet, una vetrina da cui i clienti possono attingere le informazioni generali che riguardano l’impresa.
Questa concezione del proprio business nel 2013 purtroppo risulta antidiluviana.
Il motivo principale alla base di questa esternazione e’ che nel giro di pochi anni sono cambiate le regole del mercato e ancor di piu’ sono cambiate le dinamiche decisionali dei consumatori. La connettivita’, ma soprattutto l’interazione, sono condizioni irrinunciabili per le aziende, che desiderino approcciarsi ai propri consumatori nel modo piu’ appropriato. I clienti vogliono potersi sentire “vicini” all’azienda, provano ad instaurare un dialogo, avere un rapporto di contatto vero e proprio, non una comunicazione univoca dove il messaggio non puo’ che passare da mittente a ricevente.
La differenza tra chi e’ attivo sui social e chi no puo’ essere paragonata allo shopping: quando si desidera fare un acquisto di qualsiasi genere, si desidera toccare con mano l’articolo, chiedere informazioni a personale di vendita qualificato e possibilmente essere trattati con gentilezza, professionalita’, competenza e cortesia.
Come ci sentiremmo di fronte all’acquisto di un prodotto che invece abbiamo potuto valutare solo dalla vetrina esterna al negozio?!?
La carta vincente del social e’ senza dubbio quella di far “sentire” tutti piu’ vicini, con contatti tra “persone”, non risponditori automatici o segreterie a cui lasciare messaggi. E’ il rapporto umano, la capacita’ che solo il social ha di far sentire ogni singolo utente “speciale”. Chiaro che per ottenere i risultati migliori dalla tecnologia 2.0 bisogna saper usare tutti i social nel modo piu’ corretto, altrimenti si rischia di imbattersi in consumatori mediamente piu’ preparati dell’azienda che si affaccia a questo interessantissimo mondo.
Bisogna inoltre maturare la consapevolezza che essere presenti sulle piattaforme social significa senza dubbio avere una certa integrita’ imprenditoriale, ma non significa essere assolutamente perfetti, proprio perche’ l’approccio umano e’ fondamentale. Non bisogna temere di ricevere recensioni negative, fa parte del meccanismo liberale del social, ma gli utenti della rete sono in grado di valutare in autonomia quanto una critica possa essere reale o costruttiva e quando invece e’ solo malignita’. Inoltre la legge punisce con severita’ chi fa un uso improprio dei canali sociali, in primis c’è il reato di diffamazione.
Ben accette quindi anche le critiche – sempre che vengano formulate con rispetto e che siano costruttive. Esse possono offrire punti di vista importanti per l’innovazione ed il miglioramento dell’attivita’ e per avere un’opinione esterna ai vertici dell’azienda circa i prodotti offerti.
Rendersi comunque disponibili al dialogo e al confronto passa l’immagine di una societa’ che lavora in modo trasparente, e che proprio per questo non ha bisogno di omettere e mentire.
Essere sui social significa anche questo.
Nella seconda parte affronteremo l'argomento dal punto di vista SEO, keep in touch!